"I Fatti Nostri" - Notiziario della Scuola Media di Oulx, Bardonecchia, Sestriere

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27 / 10 / 2003 

Dall’incontro della III A di Oulx con i volontari di ritorno dalla Tanzania

 

Elena, Tullia e Mario, tre ragazzi all’apparenza normali, ma con un grande cuore e coraggio decisero di intraprendere una missione che loro stessi e per loro volontà  desideravano da tempo.

Tullia la più giovane e più scettica dei ragazzi, decise di andare negli ospedali. In Tanzania una persona su due soffre di AIDS.

(Alessandro Brun III A)

 

Era la prima volta che questi ragazzi parlavano della loro esperienza ad un pubblico abbastanza numeroso, magari avevano paura di sbagliare , ma hanno detto tutto  chiaramente spiegando con parole e termini che capiscono dei ragazzi di tredici anni .

Sono partiti in aereo , giunti sul posto hanno preso strade diverse. Tullia è andata  a dare una mano in ospedale .  

Mario ed Elena, invece, sono andati nello stesso villaggio a costruire un acquedotto per permettere ai bambini di andare a scuola ,  cosa che non potevano fare perché  dovevano andare a piedi in altri villaggi a prendere l’acqua e questo lavoro li impegnava per tutta la mattinata.

Tullia ci ha spiegato che negli ospedali la maggior parte dei pazienti era ammalata di AIDS (circa i ¾ ) e che presto la popolazione sarebbe quasi dimezzata a causa della mancanza di cure .

Le ragazzine erano molto brave  a suonare (facevano musica con qualsiasi oggetto che producesse dei suoni ) ed erano anche molto intonate .

Il sabato sera lo passavano come tutte le altre sere , ma non si annoiavano mai , come a volte succede ai ragazzi Italiani che fanno cose che non li divertono solo perché  le fanno tutti …

( Alessia Grandi III A )

 

L’ Africa non è come si vede in cartolina,  ma quello che hanno visto lì è colorato con molti alberi profumati e animali, non arida e desolata, inodore, tutta sabbia e roccia.

Lì si vive con criteri di vita diversi ad esempio se una cosa non si fa oggi si farà domani, se non si farà domani si farà poi, se non si farà poi resterà da fare; per noi questo ragionamento è impossibile.

Arrivati all’ospedale, se si può definir così la situazione è sconvolgente perché ¾ dei bambini sono malati di AIDS e entro un’ anno moriranno. Anche la scuola non gode di molte presenze perché i bambini devono andare a prendere l’acqua e non hanno tempo per la scuola.

(Pietro Pasquero III A)

 

 

I volti dei ragazzi ammalati di AIDS: tristi, ma mi davano l’impressione che non avevano paura di morire.

Non sapevo se provare pena o compassione, so solo che ora ho capito che non esistiamo solo noi che desideriamo un nuovo cellulare o un nuovo computer ma ci sono persone che vogliono l’acqua, medicine e un grande aiuto. Per questo devono dire un grandissimo GRAZIE a Mario, a Elena e a Tullia che mi hanno fatto capire che la vita è preziosa, ma lo è ancor di più se la si dedica a qualcuno che ne ha davvero bisogno.

(Giada Fontan III A)

 

Mi ha colpito molto la differenza con il nostro Paese: noi l’acqua la guardiamo come un qualcosa  di comune, invece in Africa , il paesaggio arido, l’acqua è chiamata “l’oro blu”.

Se si ha l’acqua si può andare a scuola, la quale dura circa sei anni e poi chi può permetterselo, va alle scuole secondarie.

Tullia quando  spiegava il problema dell’Aids, sembrava rivivere quei momenti con uno stato d’animo triste.

Ha interessato molto anche la punizione per il furto: se si ruba un trave si hanno cinque anni di galera, se si ruba un sacco di cemento dieci anni.

…la felicità bisogna sapere che non va inseguita ma è un fiore da cogliere e coltivare giorno per giorno!!!      

(Davide Cimenti III A)

 

Mario,Tullia e Elena all’inizio del loro viaggio erano tre semplici studenti  che non si conoscevano e durante quest’avventura sono diventati amici… hanno aiutato gli abitanti di questo villaggio per poter avere l’acqua e per evitare che i bambini si facessero due chilometri circa per andarla a prendere all’acquedotto al posto di andare a scuola.

Grazie a questo lavoro e alla costruzione delle cinque fontane adesso i  bambini possono andare a scuola anche se dista circa un chilometro e mezzo dal villaggio.

Mario ha raccontato anche che il sabato sera si divertiva di più  a stare lì a giocare a “Risiko” o a “Monopoli”che fare come a Torino, a uscire con gli amici e andare a bere una birra. (Denise Cassine  III A)

 

… Loro non hanno preferenze a invitare zii, nonni , cioè la famiglia  ma invitano tutto il villaggio  ai matrimoni, feste; questo fa parte delle loro tradizioni come per esempio, portano tutto in testa da cose leggere  a pesanti .

Lavorano solo donne  e bambini, se c’è qualche scavo da fare o altre cose gli uomini fanno un fischio e anche se i bambini stanno giocando lasciano tutto e corrono a prendere la pala e a scavare, la stessa cosa fanno le donne.

(Giulia Ferraris III A)

 

Quando arrivarono nel paesino videro la povertà che c’era, le case erano tutte delle catapecchie ma sembrava che ciò non riuscisse a fermare la loro felicità.

Vennero accolti calorosamente come se fossero già stati lì per un’ altra cosa.

… tornarono dalla Tanzania felici e contenti, non erano malati e fisicamente a posto. Ma soprattutto molto ricchi nell’animo. (Mattia Casse III A)

 

E’ stata una giornata interessante e nello stesso tempo noiosa.

Interessante per il modo di raccontare ciò che avevano fatto;

Noiosa perché i problemi dell’ Africa sono sempre gli stessi e troppe volte si parla di questo argomento ma poi  finisce sempre per diventare un discorso “ dimenticato” che si ricorda quando si parla di Africa del sud o in un tema in classe!

…Mario aveva una “parlantina” sicura e senza tanti giri di parole arrivava ai problemi principali e ci faceva capire la differenza tra “noi” e “loro” , un popolo meno ricco ma non inferiore al nostro.

Le condizioni igieniche sono allarmanti. Gli ospedali in Tanzania non funzionano come da noi …per cambiare i panni e preparare da mangiare provvedono i parenti.

Chi sale al governo non pensa al bene del popolo ma  “ruba” i soldi che dovrebbero servire per aiutare i paesi circostanti. La gente che è molto ignorante accetta queste condizioni di vita senza reagire.

…noi pensiamo che gli africani siano gente solo da guardare con occhi tristi, gente da compatire… invece questi popoli sono “ contenti di vivere” cosi, loro hanno poco e si accontentano di quel poco che hanno; mentre noi abbiamo tutto e vogliamo sempre il telefonino alla moda che per un breve tempo ti fa sentire fiero e poi… si ritorna come prima!

Loro contano di più sui valori astratti ,amicizia e affetti,  non come noi che puntiamo solo su oggetti materiali per sentirci più felici.

Per concludere quando arriverò a casa ogni giorno non accenderò la TV per ascoltare le bugie che ci raccontano. Provateci anche voi per trovare un mondo migliore!

(Marina Petrilli III A)

 

Questi ragazzi hanno costruito un pozzo e con un tubo hanno portato l’acqua fino al villaggio; in questo modo gli abitanti potranno rifornirsi senza fare tanti chilometri.

Ogni tanto la sera fino alle 9:30 ballavano e cantavano mentre qua si va alla discoteca a certe volte esiste la noia.

L’ospedale aveva al massimo 200 posti letto,e ogni giorno morivano 2-3 ragazzi.

Nell’ospedale non ci sono abbastanza medicine per curare i bambini……Questo per me e molto grave perché i bambini hanno ancora tutta la vita davanti ed e impossibile che debbano lottare ogni giorno e ogni momento per vivere. 

(Posillipo Andrea III A)

 

La gente di quel posto era abituata a mangiare una sola volta al giorno mentre i missionari mangiavano quasi normalmente altrimenti non sarebbero riusciti a sopravvivere. La struttura  delle case era in mattoni di argilla mentre i tetti erano di paglia o alcuni di lamiera,e nessuna casa aveva l’acqua.

L’unico mezzo di trasporto era la macchina di Baba Camillo.

Ci sono tre cose che mi hanno colpito di più di tutto il resto:

- la gente del posto ospitava chiunque,

- se prendevano qualcuno che aveva rubato lo picchiavano o doveva lavorare per la comunità gratis,

- in quel posto morivano tre persone su quattro di AIDS 

(Denny Sibille III A)

 

… Mario ha fatto ascoltare un pezzo di musica che aveva registrato,era come ascoltare un’ orchestra,invece loro suonavano solo con un tamburo ricavato da una latta.

Mario, uno dei ragazzi ha ripetuto, più di una volta: "scordatevi l’aggettivo povero per l’Africa. Loro non sono poveri".

Il sabato sera, lì, è tutta un’altra cosa: le giovani ragazze si mettono in cerchio e cantano; la loro voce è molto bella, melodiosa, accompagnata dalla musica (pensiamo che da un vecchio barattolo hanno “preso” un tamburo).

Hanno visto cose e sono andati a raccontarle agli altri ragazzi per far capire loro,come sì può aiutare,in piccolo e in grande,questo immenso continente.

(Rita Tedesco III A)

 

In Tanzania la gente è molto povera perché, ci sono delle persone che hanno una carica importante che gli rubano tutto.

Se un bambino rimane orfano viene adottato da un’altra famiglia.

(Stefano Calautti III A)

 

Sono andati in una missione per la costruzione di un acquedotto; o meglio un tubo che a monte è collegato con un drenaggio depuratore e che a valle si dirama in cinque tubi collegati a cinque fontane.

Con questo acquedotto dovranno solo fare alcuni metri per l’acqua e quindi avranno la possibilità di istruirsi e, in un futuro, mandare avanti sia loro stessi, sia il proprio paese.

“Chi è che si veste meglio?Noi che ci si imbraca di grigio e nero oppure loro, che nei loro vestiti non scordano nemmeno un colore?”    “Il sabato sera, chi è che si diverte di più? Noi asini che ci portiamo dietro la NOIA, oppure loro che anche se vanno a letto un po’ prima non sanno come perdere tempo, perché inventano giochi stravaganti e duraturi?”

Alcuni pensano che queste tre persone abbiano aperto il cuore a molti; altri pensano che siano solo tre persone senza niente da fare. Voi cosa ne pensate? Comunque il loro grande messaggio è quello di imparare ad apprezzare gli altri paesi non per quello che hanno, ma per quello che sono. ( Eugenio Greco III A)

 

…se c’era un lavoro per due persone lo facevano in sei, e questo mi ha fatto pensare: secondo me vuole dire che li c’è una forte collaborazione di gruppo e questo è molto bello.

Ma il messaggio che ci volevano dare è che per vivere non abbiamo bisogno del cellulare. Ci hanno fatto vedere delle diapositive dove tutti  erano felici perché avevano da mangiare e si divertivano con un tamburo e con la loro voce cantando.

Noi invece per divertirci abbiamo bisogno della play station… mentre dovremmo imparare a divertirci con poco.

Se i bambini potevano andare a scuola sarebbero diventati istruiti e non si sarebbero fatti mettere i piedi in testa dalle autorità che gli rubavano i soldi e li manipolavano.

(Micol Grandi III A)

 

La scuola secondaria  era frequentata solo dai più “ricchi”. Le autorità erano cattive con la popolazione  perché era ignorante e loro potevano “manovrarla”come volevano. 

Una cosa che non mi è piaciuta è che la maggior parte delle persone e molti bambini soffrono di AIDS.

La cosa che mi ha colpito di più e che i bambini quando escono da scuola al posto di giocare cantano.

(Jessica Catania III A )

 

La gente abitava in capanne e spesso  avevano anche il letto in paglia, però Mario ed Elena stavano in una casetta in legno situata di fronte alla chiesa.

Nell’ospedale c’era anche un’area dove i famigliari cucinavano per i propri parenti; disponeva anche di un grosso giardino dove potevano andare i pazienti meno gravi.

(Giampiero Paterna III A )

 

Il primo impatto per Mario, che era già laureato in ingegneria  e insegna al Politecnico di Torino, era  stato  strano perché lui, Elena e Tullia si immaginavano l’Africa senza acqua ma l’acqua c’era e anche tanta, solo che non hanno i mezzi per trasportarla fino al paese; un’ Africa pericolosa perché avevano paura di contagiarsi in qualche malattia invece non si contagiarono con alcun tipo di malattia; avevano paura di restare senza  cibo, invece facevano tre pasti al giorno.

(Simone Arnaud  III A )

 

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